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Il Cortile di Volta dell’Università di Pavia. Maestri e studenti: arte e memoria

a cura di Maria Teresa Mazzilli

Prefazioni di Angiolino Stella e Roberto Schmid, Saggi di L. Erba e C. Pagani

Maestri e studenti si autorappresentarono nei secoli con consapevolezza del proprio status e del proprio ruolo sociale commissionando ad artisti di fama stemmi, epigrafi, sculture, da dipingere o murare sui palazzi delle università o nelle cappelle funerarie nelle chiese cittadine.

La collezione lapidaria che caratterizza l’università di Pavia, iniziata a fine Settecento nel Cortile di Volta, conserva viva la memoria di professori e scolari, raffigurati proprio nelle aule di lezione e descritti nei profili umani e accademici, o onorati in occasione di eventi e ricorrenze speciali.

 

“Legebat ut doceret, sciebat ut bene ageret” si legge su una delle lapidi nel Cortile di Volta dell’università di Pavia. È la sintesi del ruolo del professore universitario, illustrato con ricchi e complessi messaggi negli eleganti epitaffi, veri e propri curricula, e nelle figurazioni scolpite delle lastre più antiche dalla fine del Settecento murate nei cortili dell’ateneo pavese. Provengono dai sepolcri rimossi dalle grandi chiese cittadine degli Ordini mendicanti e costituiscono una collezione antiquaria che caratterizza Pavia rispetto alle altre università storiche.

I bassorilievi marmorei testimoniano una rete di migrazioni iconografiche parallele alle peregrinationes di studenti e docenti: accanto alla consueta figura del gisant, resa peculiare dall’abbigliamento accademico e dalla presenza dei libri, è interessante soprattutto l’iconografia della “scena di scuola”, nata nel Trecento per i professori dell’università di Bologna e diffusasi a Siena e Pisa, e in misura minore a Padova, e rielaborata con originalità nelle lapidi pavesi dei secoli XV e XVI.

Le sculture furono commissionate spesso dai professori stessi, o dai loro allievi o familiari, a scultori e artisti che vanno dall’ambito di Jacopino da Tradate o dell’Amadeo, ad Ambrogio da Massara o a Matteo Sanmicheli, fino al grande Cristoforo Lombardo con gli aiuti di Giulio d’Oggiono e Angelo Marini, specializzati in monumenti funerari e attivi nei più importanti cantieri del tempo come il Duomo o la Certosa di Pavia. Sulla base di una koinè linguistica e culturale internazionale, pur con variazioni stilistiche, le antiche lapidi esprimono la consapevolezza dei professori universitari di appartenere ad una élite culturale, il cui status sociale e le cui doti personali portano gloria imperitura.


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