Elio Jucci : SETH    -    "Semitica et Theologica"
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Presento qui il testo di un articolo

Elio Jucci , "Qumran. A cinquant’anni dalla ricorrenza della scoperta dei manoscritti".

pubblicato

 in  Athenaeum 86 (1998), 272-286.

Qumran. A  cinquant'anni dalla scoperta dei manoscritti 1






1. Spesso le denominazioni 'manoscritti di Qumran' e 'manoscritti del Mar Morto' vengono usate come sinonime, in realtà tale uso  è impreciso, in quanto intorno al Mar  Morto in differenti località sono stati trovati anche altri manoscritti.  Può essere utile almeno un breve elenco, poichè la loro scoperta è in parte intrecciata con quella dei più noti testi di Qumran 2.

Oltre all'insediamento e alle grotte di Qumran si ricorderanno le due grotte dello  Wadi ed-Daliyeh (si sono conservati anche numerosi papiri aramaici, di carattere legale del IV sec. a.C. risalenti a un gruppo di fuggiaschi davanti all'attacco di Alessandro Magno), la grotta dello Wadi el-Mafjar, Khirbet Mird (nelle rovine del monastero di Castellion o Marda fondato nel 492 da S. Saba sono stati trovati manoscritti arabi, greci, aramaici,  datati dal VI al IX sec.), Wadi en-Nar, Khirbet Mazin, Wadi Ghuweir, Ain Ghuweir (notevole il rinvenimento di tombe simili a quelle del cimitero principale di Qumran), 3 Wadi Murabba'at (in queste  grotte, utilizzate tra l'altro durante la seconda rivolta giudaica, 132-135 d.C., dalle truppe di Bar Kochba = Simon Ben Kosibah, si sono conservati in particolare contratti d'affitto e lettere di Bar Kochba), 4  En Gedi, Nahal David, Nahal Hever (tra l'altro nella “grotta delle lettere” si sono conservate lettere in aramaico, ebraico e greco di Simon Ben Kosibah  e i documenti in nabateo, aramaico e greco appartenenti  a un certo Babata di En-Gedi, scritti tra il 110 e il 132 d.C. 5  Nella “grotta dell'orrore” è stato trovato anche  il frammento di un rotolo greco dei Profeti Minori da collegare con il manoscritto proveniente da scavi clandestini  ed assegnato precentemente come altri documenti allo Wadi Seiyal), 6 Nahal Mishmar, Nahal Se'elim  (= Wadi Seiyal), Nahal Hardof, Masada (nella fortezza maccabaica, erodiana e poi romana, occupata dagli zeloti nel 66 d.C. sono stati scoperti tra l'altro un rotolo con i Sal. 81-85, una copia ebr. del Siracide, una copia della Liturgia del Sabato di Qumran. La presenza di questo testo sembra confermare la partecipazione di alcuni Esseni alla resistenza antiromana, come afferma Giuseppe Flavio).

2.  Per quanto il Companion Volume prenda in considerazione la documentazione fotografica relativa al  più ampio complesso di testi  del Deserto di Giuda, nella mia presentazione mi occuperò essenzialmente di quello che è certamente il nucleo più rilevante di tali testi: i manoscritti di Qumran.

A cinquant'anni dalla scoperta dei rotoli di Qumran, probabilmente, nella primavera del 1947, parrebbe naturale presentare un bilancio delle ricerche che si proponga anche come una sintesi ormai matura delle acquisizioni scientifiche ormai consolidate. 7

Ma l'andamento della ricerca e le particolari condizioni nelle quali si è svolta 8 non consentono attualmente un'esposizione che possa  presentarsi come  la sintesi di un consenso generalizzato tra gli specialisti del campo. Troppe sono ancora le incertezze e le divergenze nell'interpretazione dei testi e dei dati archeologici. In alcuni casi sembra che le divergenze nascano da opzioni che stanno a monte, in una sorta di precomprensione che imbriglia la lettura dei dati oggettivi.9

3.  Inoltre - fatto non meno significativo - se la pubblicazione dei primi testi risale al 1951, come è ben noto, la pubblicazione (quasi 10) completa almeno nell'edizione fotografica in microfiches (1993), e nella freschissima edizione - sempre fotografica - elettronica (1997) 11, è fatto recentissimo, e non ha ancora avuto il tempo di essere digerito e assimilato con tutte le sue possibili implicazioni. Tra l'altro si deve digerire anche il salato prezzo di questa pur pregevole edizione, che non la rende certo accessibile a tutti, anche se il lavoro sarà certamente facilitato dal nuovo strumento.

E molti fra i testi recentemente acquisiti attendono ancora una trascrizione, e - quand'anche essa sia presente - uno studio e un'inquadramento che vada al di là del singolo frammento. Trascrizioni e traduzioni, del resto, sono a loro volta sempre migliorabili, come le fondamentali proposte di integrazione delle lacune, di lettura dei passi difficili, o di collocazione dei frammenti.

4.  Con il nome Qumran si indicano spesso senza distinguerle due realtà materiali differenti, seppure verosimilmente correlate

I.  Da un lato le rovine dell'insediamento di Khirbet Qumran, sul terrazzamento marnoso della costa del Mar Morto, nei pressi della sua estremità nord-occidentale, a circa cinque ore di marcia da Gerusalemme, a due chilometri e mezzo dalla sorgente di Ain Feshka, sulla riva del Mar Morto. Questo complesso è databile nel periodo compreso tra la seconda metà (o la fine) del secondo secolo a.C.  e il 68-70 d.C., quando cadde sotto l'attacco dei legionari romani. Le varie fasi di questo insediamento sono oggetto di un dibattito ancora in pieno corso.12

II. D'altro lato, una serie di grotte nelle quali si è ritrovata una qualche documentazione scritta, dalle due lettere su un coccio della grotta 10Q ai rotoli di pergamena quasi intatti della prima grotta.

III. Si potrebbero aggiungere l'insediamento di Ain Feshka, stabilimento agricolo e verosimilmente  sede di alcune  attività artigianali, vicino alla ricordata sorgente (anche qui si è trovato un calamaio simile a quelli di  Qumran);  inoltre i cimiteri, uno principale e due secondari, il tutto contemporaneo all'insediamento di Khirbet Qumran. 13

IV. Si ricorderà anche che, nel 1952, in una perlustrazione accurata della falesia occidentale nell'ambito di otto chilometri, quattro a nord e quattro a sud di Qumran sono state trovate su un totale  di  230 grotte, quaranta grotte (incluse  1Q, 2Q, 3Q, 6Q) con tracce di una almeno temporanea presenza  umana e ventisei in particolare con tracce di vasellame uguale a quello trovato, fabbricato forse,14 nell'insediamento di Qumran. 15

V.   I manoscritti trovati nelle grotte costituiscono al loro volta un insieme che va considerato nella sua specificità. I manoscritti sono databili tra il III sec. a.C. e il I sec. d.C. Tutti gli esami, compresi i più recenti: 16 carbonio 14, esame spettrometrico con accelleratore di massa,  convergono a confermare la datazione paleografica (A. Birnbaum, 17 N. Avigad, F.M Cross). 18

5. Ciascuno di questi complessi di materiale documentario è stato studiato sia autonomamente, sia in relazione con gli altri. Ciascuno presenta ancora numerosi problemi di interpretazione, mentre fonte di ulteriori problemi è la loro interrelazione. Per quanto sia molto verosimile che tutti questi complessi siano strettamente connessi e costituiscano un'unica realtà storica, le interpretazioni divergono notevolmente sino a giungere alla negazione di una qualunque relazione tra alcuni di essi.

6. La stessa storia della scoperta delle grotte e dei manoscritti, e della loro pubblicazione, presenta aspetti interessanti. 19 La storia ebbe inizio nella primavera del 1947, quando dei giovani pastori della tribù beduina dei Ta'amireh, pascolando le loro greggi, incapparono nella prima grotta (1Q, come la si suole indicare: Q sta per Qumran, mentre il numero indica l'ordine di successione temporale della scoperta della grotta). Pare che il merito vada a Muhammad Ahmed el-Hamed detto Ed-Dib (il lupo). Alla prima esplorazione nella quale trovò tre rotoli contenuti in una giara, ne seguì un'altra in compagnia di altri membri della sua tribù, che portò alla luce altri quattro rotoli.

Questi rotoli giunsero nelle mani di due commercianti e trafficanti di antichità: Halil Iskandar, detto Kando, e Fahidi Salahi, entrambi  di Betlemme. Attraverso di loro i rotoli seguirono vie diverse: quattro rotoli passando per le mani di Kano e del metropolita siro-ortodosso di Gerusalemme, Mar Athanasius Yeshue Samuel, giunsero all'American School of Oriental Research (ASOR), dove furono fotografati da John Trever, e le sue fotografie restano una documentazione fondamentale ed eccellente. Portati in America dallo stesso Metropolita, infine, nel 1954, furono acquistati per conto dello stato d'Israele da Y. Yadin, ben noto non solo per i suoi meriti scientifici; nel 1955 tornarono in Israele. Gli altri tre rotoli, attraverso Fahidi Salahi furono acquistati nel novembre del 1947, da Eliezer Sukenik, padre del già citato Yadin, per conto dell'Università ebraica di Gerusalemme. Tutti questi rotoli furono pubblicati in tempi relativamente  brevi. Gli studiosi dell'ASOR, M. Burrows, J. Trever, W.H. Brownlee,  lavorando sulle fotografie, pubblicarono tre rotoli nel 1950 e 1951 (1QIsaa, 1QpAbac; 1QS); Sukenik pubblicò 1QIsab, 1QM, 1QH nel 1954, in ebraico; una versione inglese uscì postuma a cura di Avigad e Yadin nel 1955. Il rotolo che Trever non ebbe l'autorizzazione di fotografare, fu poi srotolato con grande cautela - per le sue condizioni piuttosto deteriorate - e pubblicato nel 1956 da Avigad e Yadin (1QGenApocr).20

7. Questi primi rotoli fornirono subito delle informazioni molto importanti, che influenzarono sin dall'inizio la ricerca e il tentativo di identificare i loro autori. In particolare i testi della Regola della Comunità (1QS), della Regola della Guerra (1QM), gli Inni (1QH) e il Pesher (presagio/interpretazione - commento) su Abacuc (1QpAbac). Si trattava di testi abbastanza lunghi e di manoscritti conservati in condizioni relativamente buone.

Emergeva una comunità fortemente impregnata della spiritualità biblica, intrisa di una fervente attesa escatologica (1QM; 1QpAbac), raccolta intorno alla figura e agli insegnamenti di una forte personalità carismatica (1QH), detta il  Maestro di Giustizia (1QpAbac), cui forse si potevano attribuire alcuni Inni (1QH), e in violento contrasto con il sacerdozio di Gerusalemme e con movimenti rivali (1QpAbac). La comunità sembrava dotata di una solida organizzazione interna, di una rigida regola  (1QS), caratterizzata da una severa osservanza della Torah ebraica  (1QS) e da proprie tradizioni esegetiche (1QpAbac). Incominciava anche a delinearsi il quadro complesso  di un'attesa messianica (1QSa; CD) in cui accanto al messia regale potevano comparire un messia sacerdotale, un profeta messianico, un redentore celeste.22

8.   Subito ci fu chi (Sukenik, Burrows) si ricordò di un altro testo e lo pose in relazione con la nuova scoperta. Si trattava del cosiddetto Documento (dell'Alleanza) di Damasco (CDC o più semplicemente CD)21, scoperto nella genizah (deposito di manoscritti fuori uso) della sinagoga del Cairo nel 1897, da S. Schechter, e pubblicato nel 1910. L'intuizione era corretta come dimostrarono successivamente i frammenti di  questo testo trovati nelle grotte 4Q, 5Q, 6Q.

9.   D'altra parte si ricordarono (Sukenik, Dupont-Sommer) le descrizioni del movimento giudaico degli Esseni, contenute nelle opere di alcuni scrittori antichi (specialmente Giuseppe Flavio e Filone Alessandrino) e si incominciò, soprattutto con Dupont-Sommer, a identificare  gli autori dei manoscritti appena scoperti con gli Esseni, o con un loro ramo. Tale resta, nonostante le molte proposte alternative, e con successive modifiche e molteplici sfumature, l'ipotesi seguita ancor oggi dalla maggioranza degli studiosi.23 Gli avversari della comunità sono stati identificati con i sovrani asmonei,24  i farisei e i sadducei.25 Ma, naturalmente, circa due secoli di storia non saranno passati senza lasciare traccia su tutti i protagonisti della scena palestinese del tempo. Particolare oggetto di studio sono stati i rapporti tra Esseni e  Asidei (Hasidim), tra Qumran, Esseni e Apocalittica, tra Qumran (si ricordi la ricorrente espressione “Figli di Sadoc”!), Sadducei e Betusei, tra Esseni ed Erodiani, tra Esseni, Battisti e Cristiani. La discussione continua e se anche  spesso si ha l'impressione che si voglia chiarire eventi poco noti con altri che emergono a mala pena dalla palude dell'oblio,26 talvolta si incontra qualche suggerimento convincente. Sull'origine degli Esseni e di Qumran continua il confronto tra l'ipotesi palestinese27 e quella babilonese,28 ma si intravedono anche soluzioni di compromesso.

10.   Intanto continuava la ricerca di nuove grotte, di nuovi rotoli. L'annuncio pubblico della scoperta, avvenuto nell'aprile 1948, aprì in qualche modo una gara tra gli archeologi e i beduini, gara che vide quasi sempre perdenti, e anche un poco sfortunati,  gli archeologi sempre in ritardo sui loro concorrenti. Solo nel 1949 gli archeologi scoprirono finalmente a loro volta la grotta 1Q. Nel 1951 i beduini trovarono le grotte di Murabba'at; gli archeologi iniziarono scavi sistematici (condotti da R. De Vaux e G.L. Harding) sulle rovine di Qumran, si incominciò a metterle in relazione con le grotte e i manoscritti. In tal senso fu determinante la scoperta di vasellame dello stesso genere, e specialmente di giare identiche a quelle che contenevano i rotoli. Quindi in alternanza, nel 1952,  i beduini scoprirono 2Q e gli archeologi 3Q.  I beduini si prendono un'ampia rivincita, precedendo di un giorno gli archeologi nella scoperta della quarta grotta (4Q), la più ricca di materiale. Agli archeologi toccò 5Q e ai beduini 6Q.29 Nel 1955 gli archeologi scoprirono le grotte 7Q-10Q, e infine di nuovo i beduini nel 1956 l'undicesima grotta (11Q), facendo ancora una volta ricco bottino.

11.   Può essere utile soffermare l'attenzione sullo stato in cui vennero trovate le grotte. Si può intanto distinguere quelle che dal tempo dell'occultamento dei rotoli non erano mai state visitate e quelle saccheggiate nel corso dei secoli.

I. Tra le prime, inviolate, 1Q, 5Q, 6Q, 11Q.  9Q e 10Q  in realtà non furono mai usate per nascondere i rotoli, e quanto vi si è trovato doveva appartenere agli abitanti della grotta: 9Q conserva un fram. non identificato di papiro, 10Q il frammento di un vaso con due lettere js(h)[ , verosimilmente l'inizio del  nome (aram. o ebraico) del proprietario.30

II. Tra le seconde, saccheggiate, si può ulteriormente riconoscere che alcune ebbero visitatori incuriositi, ma non interessati dal contenuto. Dopo avere esplorato, aperto le giare esaminato i rotoli, lasciarono il tutto a giacere per altri secoli, a ricoprirsi di polvere, a marcire e in pasto ai topi. Si tratta delle grotte 2Q e 4Q.

III. Altri visitatori, invece, interessati al contenuto dei rotoli, portarono via gran parte del materiale, abbandonando solo cocci e frammenti. Si tratta delle grotte 3Q, 7Q, 8Q. In 3Q si trovano i cocci di circa trentacinque giare, e i frammenti di almeno ventiquattro rotoli. In 7Q si sono trovati pochissimi frammenti di venti papiri greci, inoltre un coccio con la scritta (ebr. o aram.) rwm', verosimilmente un nome proprio (ebr. o aram.), derivato dalla radice rwm, ben attestato nella documentazione dell'epoca. C.P. Thiede,31 nel contesto della sua identificazione dei frammenti papiracei con testi del Nuovo Testamento ha voluto leggere in questa “Roma”  la prova, della provenienza dei manoscritti dalla comunità cristiana di Roma, dove sarebbe stato composto il Vangelo di Marco. Ma volendo vedervi un nome geografico può essere più semplice vedervi  la Ruma galilea. In 8Q si sono trovati i  frammenti di tre rotoli (Genesi, Salmi, un testo innico 8Q5).

12. I dati relativi a queste grotte (3Q, 7Q, 8Q) suggeriscono un collegamento con due eventi ricordati in antiche cronache.

I. Origene nella preparazione dell'Esapla si servì di una versione greca del Salterio “che era stata trovata al tempo di Antonino, figlio di A Severo, in una giara di terracotta nelle vicinanze di Gerico”. Lo stesso evento viene ricordato da Epifanio e collocato nel 217 d.C., con la precisazione che si  “trovarono i manoscritti della Septuaginta insieme ad altri scritti ebraici e greci”.

II. Timoteo I,  patriarca di Seleucia (Bagdad), intorno all'800 parla della scoperta di libri dell'Antico Testamento e di altre opere in ebraico in una grotta vicino a Gerico. Questo materiale o parte di esso probabilmente finì nelle mani dei qaraiti, un movimento ebraico che proprio in quel periodo si andava sviluppando e che mostra nei suoi testi e nelle sue usanze forti analogie con quanto c'è nei testi  qumranici. H. Stegemann32riconduce la seconda notizia al saccheggio di 3Q, mentre, mentre la prima notizia dovrebbe essere connessa con la grotte 7Q, per la presenza in quest'ultima di  manoscritti greci. La connessione con le grotte di Qumran d'altra parte sembrerebbe provata, perchè solo qui è testimoniato l'uso di riporre i rotoli all'interno di giare di terracotta. 

13.  Si può anche osservare come i rotoli erano stati deposti nelle grotte

I. Nella prima grotta i rotoli erano stati collocati ordinatamente con la massima cura, all'interno di giare apposite. Alcuni rotoli per maggiore protezione erano stati precedentemente avvolti in panni di lino (alcuni di questi panni presentano un disegno, interpretato da Y. Yadin come stilizzazione della pianta del tempio ideale, descritto nel Rotolo del Tempio, 11QT). La grotta era stata accuratamente chiusa. Tutto fa pensare che questa grotta, poco visibile, posta a circa un chilometro e duecento metri dall'insediamento di Qumran, sia stata oculatamente  scelta per nascondere i rotoli più importanti. Stegemann ritiene che tra questi c'erano i modelli usati solo per farne delle copie,33 come dimostrerebbe il buono stato di conservazione.

II. Nella quarta grotta (in realtà si tratta di due grotte accostate, i cui ingressi distano soltanto sette metri. Ma si decise di non distinguerle nella catalogazione dei manoscritti, perchè era impossibile una sicura attribuzione dei frammenti  acquistati dai beduini) il materiale fu deposto a terra alla rinfusa, senza ulteriore protezione, e probabilmente in tutta fretta, portandovi all'ultimo momento, quando i Romani erano vicinissimi, quanto ancora restava nell'insediamento.

III. Le altre grotte sembrano presentare situazioni intermedie.34Nella quinta e nell'undicesima ad esempio il materiale era stato deposto ordinatamente, ma senza quell'attenzione alla sua preservazione testimoniata in 1Q.35 Può essere infine significativa  la prevalenza di materiale papiraceo nella quinta grotta, e la sua presenza esclusiva nella settima. 

14. Complessivamente sono stati ritrovati i frammenti di circa 800-850 manoscritti,36  di questi circa cinquecento provengono dalla quarta grotta, scoperta dai soliti beduini nel 1952, ma purtroppo tra i manoscritti di questa  grotta non se ne  è conservato nemmeno uno intero, e anzi per la maggior parte sono fortemente frammentati e lacunosi, si contano almeno 15.000 frammenti nella sola quarta grotta.37

Dell'intero complesso, circa 225 manoscritti contengono testi biblici38  (manca Ester,39 ma c'è una sorta di  proto-Ester),40 mentre un certo numero di manoscritti, tra 275 e 300, per il loro pessimo stato di conservazione, con frammenti minutissimi, sono praticamente inservibili.41 Si deve anche ricordare che parecchi testi  come i Salmi42 sono testimoniati in più di una copia, per arrivare ai quindici manoscritti dei Giubilei,  ai venticinque-ventinove mss. del Deuteronomio,43 (tanto per per ricordare i casi estremi). Alcuni manoscritti contengono opere apocrife precedentemente note (Enoc + Giganti, Giubilei),44 e deuterocanonici (Tobia, Ben Sira).   Stegemann  fa notare che solo di nove rotoli “si è conservata almeno la metà del testo originale” più un foglio singolo (1Q Isaiaa, 1Q Isaiab, 1QGenApocr, 1QpAbac, 1QS, 1QM, Testimonia,  1QH,  11QSal, 11QTemp). Oltre ai testi biblici  e ai testi apocrifi  già noti, si possono contare forse più o meno altri 150 nuovi testi. (Stegemann), alcuni più decisamente “qumranici”, altri “pre-qumranici”, “non-settari”.45

15. La correlazione  tra le grotte e tra i manoscritti in esse rinvenuti è dimostrata dalla presenza in diverse grotte delle stesse giare, di diverse copie di una stessa opera, di opere differenti ma scritte da un unico scriba. Tutto ciò fa pensare a un unico gruppo che si è preso cura di nascondere le opere cui teneva.  Poichè in numerosi testi si descrive una comunità con sue regole specifiche, con una sua teologia, con un suo calendario che proclama la sua diversità e si pone spesso in conflitto con altri movimenti del tempo non pare una forzatura vedere nei membri di questa stessa comunità  coloro che nascosero i Rotoli. Pare anche verosimile che essi stessi, almeno in parte, abbiano composto i testi  e copiato i rotoli. Certamente hanno trasmesso anche materiali tradizionali. E in alcuni casi sembra estremamente difficile valutare se un testo è proprio della comunità o è stato da essa solo trasmesso. Dato il carattere piuttosto esclusivo della comunità, quale emerge dai testi,  pare probabile che sia stato trasmesso solo materiale che in qualche modo non era sentito in contrasto con la propria visione, e un esame dei testi sembra confermare tale ipotesi.47

Pare doversi sottolineare che nei diversi manoscritti non compare certamente una visione o una terminologia del tutto omogenea; questo fornisce indubbiamente argomenti per chi vuole vedere dietro diversi manoscritti differenti comunità (es. la comuntà di CD,  la comunità della Regola o quella del Rotolo del Tempio). Ma tensioni compaiono poi talvolta anche in uno stesso manoscritto, in una stessa opera, a testimonianza di un lavoro incessante di fusione di  influssi culturali diversificati e di una continua elaborazione concettuale, oltre che di un continuo sforzo redazionale. Si pensi alle sezioni più decisamente deterministe e dualiste della Regola della Guerra48 e della Regola della Comunità e al loro rapporto con i testi nei quali sono state integrate, o alla loro affinità con la sensibilità di alcuni Inni (1QH).49

16.   Il volume qui presentato era stato precedentemente  pubblicato come The Dead Sea Scrolls on Microfiche - Companion Volume e, come risulta dallo stesso titolo, costituiva  una presentazione della riproduzione in Microfiche delle fotografie dei Mss di Qumran e uno strumento per la loro consultazioneQuesta seconda edizione del Companion Volume apporta alcune correzioni e aggiornamenti nella bibliografia e  nella lista dei testi. Progredendo infatti la lettura dei frammenti, una migliore  comprensione della natura delle opere in essi contenute può indurre a scegliere un titolo più  appropriato di quello provvisorio scelto inizialmente. Inoltre può variare lo stesso raggruppamento dei frammenti con l'individuazione di differenti composizioni dove prima se ne vedeva una sola, o con la riunione sotto un unico titolo di frammenti già attribuiti a composizioni diverse. Ulteriori aggiustamenti di questo genere sono prevedibili anche nei prossimi anni, perlomeno fino all'approntamento dell'edizione completa. L'indicazione delle antiche schedature  accanto alle nuove dovrebbe consentire anche in futuro una precisa identificazione del frammento e il reperimento della fotografia ricercata.

17. Come si è detto il presente volume costituisce essenzialmente uno strumento per la consultazione delle fotografie. Proprio in quanto tale, le sue sezioni principali sono due: 

I.  The Texts from the Judean Desert and Their Negative Numbers, 17-72,  cioè la lista dei testi ordinati grotta per grotta secondo il numero d'ordine dei testi assegnato (da assegnarsi)  nell'edizione ufficiale DJD. Si tratta di una lista elaborata a partire dall'archivio elettronico messo a punto da S.J. Pfann che ha utilizzato anche liste  precedenti. La lista comprende il numero del testo (es. 4Q197), il nome del testo (per es. Tob b ar), la sigla utilizzata nella concordanza compilata ad uso interno del gruppo degli editori dei testi, il numero d'inventario assegnato al manoscritto dal Museo, il numero del negativo, o dei negativi  che contengono  l'immagine di quel manoscritto, ed infine l'indicazione della pubblicazione preliminare o definitiva (quando esistano). Un esame dei diversi negativi (dei quali si indica la successione cronologica) permette di verificare le farie fasi di identificazione di un frammento.50 Individuata qui la fotografia che contiene il frammento ricercato si risale attraverso l'Index to Microfiches, 163-187, alla fiche contenente quella fotografia. 

II. Chronological List of the Negatives of the PAM, IAA, and Shrine of the Book (Stephen J. Pfann) 73-95, la lista comprende essenzialmente la data della fotografia, il numero d'ordine del negativo, il soggetto della fotografia. Questa lista è integrata da una riproduzione di una delle sue fonti principali, cioè del Photographer's Logbook, 155-162.51

18. La qualità della riproduzione fotografica di un documento dipende in larga misura dalle capacità del fotografo: ai fotografi, in qualche modo i veri padri della Microfiche Edition, e in particolare a Najib Albina, sono dunque dedicate alcune pagine da F.M. Cross,  “On the History of the Photography” (121-122), e da John Strugnell, “On the History of the Photographing of the Discoveries in the Judean Desert for the International Group of Editors”, 123-134 (126-129).

19. Determinante è naturalmente anche la qualità del materiale fotografico. Strugnell ci informa sul progressivo scadimento di pellicole e carta fotografica, nonché della riproduzione tipografica delle fotografie (Ibid. 130-133). P. Moerkerk, infine, “The Production of the Microfiches in This Edition”, 15-16, presenta i problemi connessi alla riproduzione delle fotografie nelle microfiches e le soluzioni tecniche adottate. 

20. Stephen J. Pfann è l'autore di altri due contributi.  Nel primo “History of the Judean Desert Discoveries” (97-108) ripercorre in stretto ordine cronologico i momenti principali delle scoperte e delle ricerche nel Deserto di Giuda dal 1947 al 1992.  Manca qualsiasi accenno alle roventi polemiche e alle concitate iniziative  che negli anni ottanta e nei primi anni novanta hanno infine condotto prima alla decisione (ottobre 1991) di rendere accessibili  agli studiosi le riproduzioni dei manoscritti, quindi di pubblicare la Microfiche Edition52. In realtà si trattava di una scelta obbligata, in quanto, ormai, il materiale inedito era stato reso pubblico da iniziative non ufficiali, che suscitarono un certo scalpore.  La Huntington Library di San Marino, California, aveva concesso libero accesso alle fotografie in suo possesso (settembre 1991). B.Z. Wacholder e M.G. Abegg avevano iniziato la  pubblicazione dei testi inediti - ricostruiti con l'ausilio del computer a partire dalle concordanze.53 R.H. Eisenmann e J.M. Robinson  avevano  pubblicato  in due volumi le fotografie dei manoscritti inediti,54 R. Eisenman e M. Wise la trascrizione di un'ampia selezione di testi "inediti" accompagnata dalla relativa traduzione. Anche questo volume The Dead Sea Scrolls Uncovered55 suscitò ampie polemiche.56 Per quanto non ufficiali, “edizioni pirata” come qualcuno le ha chiamate, queste pubblicazioni hanno contribuito in maniera determinante ai successivi sviluppi, e avrebbero avuto pieno diritto a una citazione anche nel Companion Volume. Infine è uscita la traduzione di un'ampia raccolta di testi curata da F. García Martínez.57

21. Nel secondo contributo,“Sites in the Judean Desert Where Texts Have been Found” (109-119),  Pfann presenta  in sequenza geografica da nord a sud i siti archeologici del Deserto di Giuda nei quali si è trovato qualche testo. La sua lista “supplies basic archaeological and historical data which pertain to the manuscripts discoveries”.

22. Il Companion Volume costituirà certamente uno strumento indispensabile per tutti coloro che vorranno consultare la Microfiche Edition, ma la consultazione delle sue liste può anche costituire un punto di partenza per una visione retrospettiva dello sviluppo della ricerca.58

A cinquant'anni dalla scoperta molto lavoro è stato compiuto, molto resta da fare. Ci si è aperta una porta su di un mondo che potevamo solo immaginare, e ci siamo accorti che quel mondo che già pensavamo di conoscere nascondeva porte che non ci potevamo neanche immaginare.59
 
 
  Per aggiornamenti e completamenti cfr.  http://studiumanistici.unipv.it/seth/ej/Jucci-Lo status quaestionis dell'archeologia qumranica RSB -2011 p177-198 (bozze).pdf  - I manoscritti ebraici di Qumran: a che punto siamo?  -   http://studiumanistici.unipv.it/seth/ej/lombardo.pdf

 
 

     Elio Jucci

pubblicato

in Athenaeum 86 (1998), 272-286.



 
 

   Qumranica: - Pagine a cura di Elio Jucci ( Università di Pavia, Italia ).

    Bibliografia1Bibliografia 2 , ll Sito Archeologico, le Grotte, I Manoscritti    Dead SeaScrolls - links
     Articoli sul sito :
    I manoscritti ebraici di Qumran: a che punto siamo?   Qumran e dintorni. Breve rassegna di studi qumranici.
    "Un Eden glorioso nel deserto"
    "Nuovi Manoscritti del Mar Morto? Annotazioni sul cosiddetto Rotolo dell'Angelo, ovvero Il Libro delle Visioni di Yeshua ben Padiah"
        Sommari:    “Il ‘Pesher’. Un Ponte fra il Passato e il Futuro”    "Davide a Qumran"
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N O T E








1Nota a margine dell'opera Companion Volume to the Dead Sea Scrolls Microfiche Edition, Edited by Emanuel  Tov with the Collaboration  of Stephen J. Pfann, Second Revised Edition, Published under  the Auspices of the Israel Antiquities Authority, E.J. Brill, Leiden - New York - Köln,  IDC, Leiden 1995.

Poichè la ricorrenza del cinquantenario della scoperta dei Manoscritti del Deserto di Giuda coincide con le celebrazioni del centenario della nascita di mio padre, Carlo Jucci (Rieti 1897 - Roma 1962), desidero dedicare questa nota alla sua memoria

[ cfr. Massimiliano Maja, "Carlo Jucci: dalla fisiologia alla genetica"  http://www.swif.uniba.it/lei/storiasc/diffusione/genetica_italia/JucciBioBiblio.htm  - Jucci, Carlo - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 62 (2004)  -  Carlo Jucci, "Un centro per la ricerca genetica negli Appennini" JucciTerminill.pdf  - A. Buzzati-Traverso, C. Jucci, N. W. Timofeeff-Ressovsky, Genetica di popolazioni GenPopBuzzJucTimRess.pdf  - Carlo Jucci, Testimonianza di Gian Tommaso Scarascia Mugnozza  http://www.siga.unina.it/storia.html   -  bachicolturainlomellina/testimonianze6.html  -  photos  photos-albums  (di Antonio La Valle) ]

Il testo qui presentato costituisce la traccia di una conferenza letta a Napoli il 20 - 2 - 1997 nell'ambito di una tavola rotonda organizzata dal  prof. M. Del Verme, che  qui ringrazio per l'amichevole invito e per la cordiale ospitalità
2Companion Volume, 109-119; F. García Martínez, The Dead Sea Scrolls Translated, XXXII-XXXV;  R.E. Brown, J.A. Fitzmyer, R.E. Murphy, edd., The New Jerome  Biblical Commentary, London  21989,  1077-1079.

3M. Broshi, “The Archaeology of Qumran - A Reconsideration”, in D. Dimant, U. Rappaport, edd., The Dead Sea Scrolls. Forthy Years of Research, Leiden 1992, 103-115, 114 s.

4Y. Yadin, Bar-Kokhba: The Rediscovery of the Legendary Hero of the Second Jewish Revolt against Rome, London 1971. 

5Y. Yadin, The Finds from the Bar Kochba Period in the Cave of the Letters, Jerusalem 1963.

6E. Tov (R.A. Kraft), The Greek Minor Prophets Scroll from Nahal Hever (8HevXIIgr), (DJD 8. The Seiyâl Collection I) Oxford 1990. Fondamentale lo studio di D. Barthelemy, Les devanciers d'Aquila: Première publication intégrale du texte des fragments du Dodécaprophéton trouvés dans le Désert de Juda, précedée d'une étude sur les traductions et recensions grecques de la Bible réalisées au premier siècle de notre ère sous l'influence du rabbinat palestinien, Leiden 1963.

7P. Sacchi, “I manoscritti del Mar Morto: bilancio di un fatto culturale”, in E. Acquaro, cur., Alle soglie della classicità. Il Mediterraneo tra tradizione e innovazione. Studi in onore di Sabatino Moscati. Volume primo: Storia e culture, Pisa - Roma 1997, 383-392, parlando di un “primo bilancio” pone in dubbio la possibilità futura di un bilancio più stabile, “perchè una gran parte dei testi, anche se pubblicata, attende di essere capita e ho l'impressione che molti non lo saranno mai”, a causa “delle condizioni così frammentarie da rendere ogni interpretazione una semplice ipotesi di lavoro”. Pur condividendo questa valutazione della problematicità delle possibili conclusioni  raggiungibili, sarei più ottimista sulla possibilità di tracciare in futuro un bilancio meno provvisorio. Sacchi prende posizione anche sulla eventale presenza del NT in 7Q: “ogni frammento, preso di per sé, lascia tali dubbi, che sembra inevitabile respingere l'identificazione neotestamentaria, ma la ripetizione dei casi lascia perplessi. Se un caso può e deve essere considerato un caso, una serie di casi, anche se ciascuno di essi è solo possibile, fa riflettere”. La sua affermazione, peraltro estremamente cauta, mi pare metodologicamente problematica. Ritengo che, in mancanza di una identificazione certa,  si debba riflettere seriamente su ogni possibile identificazione (naturalmente anche quelle neotestamentarie). In quanto alla serie, di fatto si tratta di possibilità una più problematica dell'altra. Non vedo come la loro somma possa accrescere la loro affidabilità. Al momento di consegnare questa nota ho potuto vedere il volume  curato da F. Dalla Vecchia, Ridatare i vangeli?, GdT 247, Brescia 1997 che raccoglie una serie di contributi (F. Dalla Vecchia, J. O'Callaghan, C.P. Thiede, M. Baillet, C. Focant, H.-U. Rosenbaum, É. Puech, M.-É. Boismard, P. Grelot, G. Segalla), in rappresentanza delle diverse posizioni sull'argomento.

8Ho tracciato una breve cronaca della scoperta delle grotte, dell'andamento della pubblicazione dei testi e in particolare dei convulsi eventi che nell'ultimo decennio hanno finalmente condotto - tra le polemiche - alla realizzazione della Microfiche Edition  in E. Jucci, “I manoscritti ebraici di Qumran: a che punto siamo?”, in Istituto Lombardo (Rend. Lett.) 129 (1995), 243-273. A questo articolo rinvio in particolare per la discussione di problemi specifici e per ulteriori informazioni bibliografiche. Per l'approfondimento della problematica metodologica, può essere utile la consultazione del volume di F. Rohrirsch, Wissenschaftstheorie und Qumran. Die Geltungsbegründungen von Aussagen in der Biblischen Archäeologie am Beispiel von Chirbet Qumran und En Feshcha, Freiburg Schweiz, Göttingen 1966. Per una presentazione della serie Discoveries in the Judean Desert (of Jordan) e sulla sua attuale situazionecfrE. Tov, “Discoveries in the Judean Desert”, in RQ n. 65-68, 17 (1996), 613-621.

9In particolare penso alla valutazione del rapporto di Qumran col resto del giudaismo, o alla valutazione del suo rapporto col cristianesimo.  Il  capitolo “punti controversi d'ambito teologico”, . in cui Riesner (in O. Betz, R. Riesner, Gesù, Qumran e il Vaticano, Città del Vaticano 1995, 235 ss.)  risponde alle critiche di alcuni recensori, può fornire spunti di ulteriore riflessione.

10Companion Volume, 133-134.

11The Dead Sea Scrolls Reference Library, Edited by T.H. Lim, in consultation with P.S. Alexander, Leiden 1997. Opera che purtroppo non ho ancora potuto consultare. B. Zuckerman, “Bringing The Dea Sea Scrolls Back to Life. A New Evaluation of Photographic and Electronic Imaging of the Dead Sea Scrolls”, in Dead Sea Discoveries 3 [= DSD] (1996), 178-207 presenta interessanti osservazioni sulle attuali collezioni fotografiche e sui vantaggi di adeguate immagini digitalizzate. Al momento i risultati migliori si ottengono con la combinazione delle migliori tecniche della riproduzione fotografica (ad es. tra le ultime novità la “narrow band spectral imaging”)  con la digitalizzazione ad alta definizione delle immagini cosi ottenute. Magari utilizzando per le prove la ripresa elettronica invece della classica Polaroid. Ma la situazione potrebbe cambiare in un futuro non troppo lontano. Accanto alle collezioni fotografiche esistenti, che naturalmente conservano la loro importanza, sarebbe raccomandabile una nuova serie completa di fotografie. Ma “corn flakes manufacturers are willing to pay for the perfect picture of corn flakes, while museums - particularly in Israel - are hard pressed on every financial front” (Zuckerman, 194). 

12Cfr. E. Jucci,  “I manoscritti ebraici di Qumran”, 253-254 e in particolare la nota 47 per una presentazione della recente proposta di J.B. Humbert di far iniziare la fase qumranica dell'insediamento solo  verso la fine del I sec. a.C., precedentemente - a suo parere - l'insediamento sarebbe stato una residenza asmonea. Si veda inoltre B.G. Boschi, RivBibl 44 (1996), 345-350;  Id., “Prefazione” in H. Stegemann, Gli Esseni, Qumran, Giovanni Battista e Gesù. Una monografia, Bologna 1995, I-XI (VII-IX).

13Cfr. L. Bennet Elder, “The Woman Question and Female Ascetics Among the Essenes”, in BA 57 (1994), 220-234.; M. Broshi, “The Archaeology of Qumran”, cit., 111-113; É. Puech, La Croyance des Esséniens en la vie future: immortalité, résurrection, vie éternelle? Histoire d'une croyance dans le Judaïsme Ancien. I. La résurrection des morts et le contexte scripturaire. II les données qumraniennes et classiques, Études Bibliques, NS, 22, Paris 1992, II, 693-702.

14Cfr. H. Stegemann, Gli Esseni, 73, 64.

15Cfr. De Vaux in DJD III, 3-12.

16F. García Martínez, The Dead Sea Scrolls Translated. The Qumran Texts in English, Leiden 1994, XLVI-XLVIII.

17S.A. Birnbaum, The Qumrân (Dead Sea) Scrolls and Paleography, BASOR Suppl Studies 13-14, 1952; N. Avigad, “The Paleography of the Dead Sea Scrolls and Related Documents”, in Ch. Rabin, Y. Yadin (edd.), Aspects of the Dea Sea Scrolls, Jerusalem 1958, 56-87;F.M. Cross, “The Development of the Jewish Scripts”, in G.E. Wright, The Bible and the Ancient Near East, London 1961, 133-202; Id. “Notes on a Generation of Qumrân Studies”, in Id., The Ancient Library of Qumran, Sheffield 31995,170 ss.

18Col passare degli anni gli studiosi affinano la loro tecniche. H. Stegemann e E. Puech ad es. hanno elaborato una metodologia  per la ricostruzione dei rotoli e la collocazione de i frammenti. H. Stegemann, “Methods for the reconstruction of Scrolls from Scattered Fragments”, in L. Schiffman, ed., Archaeology and History in the Dead Sea Scrolls: The New York Conference in Memory of Ygael Yadin,  Sheffield 1990, 189-220; E. Puech, “Quelques aspects de la restauration du Rouleau des Hymnes (1QH)” in JJS 39 (1988), 38-55. Con risultati incoraggianti.

19Cfr. S.J. Pfann, “History”, Companion Volume, 97 ss. Non c'è da stupirsi se la 'storia' è stata raccontata dai vari protagonisti in modi differenti. Lo scenario è quello di un paese attraversato da ricorrenti conflitti interni ed esterni. Primi attori nella scoperta dei rotoli sono spesso cercatori clandestini, intermediari dai ruoli ambigui. Gli stessi acquirenti d'altra parte non hanno evidentemente interesse a scoprire troppo le loro fonti. Cronaca e memoria 'mitica'  spesso dunque si intrecciano. Si può ricordare l'ultimo capitolo del recente volume di M. Hadas-Lebel, Masada. Una storia e un simbolo, Genova 1997  (Paris 1995), 103-123,  che ripercorre origine, apogeo e declino del mito di Masada.

20Per ulteriori informazioni bibliografiche  si veda anche J.A. Fitzmyer, S.J., The Dead Sea Scrolls. Major Publications and Tools for Study. Revised Edition, Atlanta  1990; per un aggiornamento cfr. F. Garcia Martinez, D.W. Parry, A Bibliography of the Finds in the Desert of  Judah,  1970-95. Arranged by Author with Citation and Subject Indexes, Leiden 1996

21Anche in questo caso la problematica interpretazione di molti testi lascia aperta la strada a diverse soluzioni. E probabilmente è meglio non lasciarsi tentare dal desiderio di imporre a tutti i testi un unico modello interpretativo. All'argomento è dedicato il fasc. 2 di DSD 2 (1995) con  gli importanti studi di M.G. Abegg jr. (125-144) con un ridimensionamento del “doppio messianismo”; J.J. Collins (145-164) che sottolinea come “The expectation of a Messiah or messiah is not only a dream of a utopian future. It also has a restorative aspect, and entails practical ideas about the ordering of society”; M.A. Knibb che, trattando del messianismo negli “pseudepigrafi” (165-184) rileva che “the evidence from Qumran relating to messianic expectation has demonstrated once again just how varied were the beliefs of early Judaism”;  C.A. Evans (187-201) che è propenso a vedere nel “primogenito” di 4Q369 una figura davidica e messianica e ritiene verosimile una analoga lettura del “figlio di Dio” di 4Q246; R. Bauckham (202-216) con un'analisi delle letture messianiche di Isa 10,34.

22Molti autori sottolineano l'interesse di questi testi per un approfondimento della nostra conoscenza dello sfondo culturale delle concezioni neotestamentarie. Evans ad es. sottolinea che “perhaps the most significant implication of these texts [4Q369; 4Q246] is that they make it unnecessary to look outside of Palestine for the background against which a 'Son of God' christology might have taken shape”.  Non è però il caso però di eccedere in una contrapposizione tra la Palestina e il resto di quel mondo ellenistico, in cui c'era un'ampia circolazione di immagini e di idee, cfr. J.-J. Flinterman, “The ubiquitous 'Divine Man'”, in Numen 43 (1996), 82-98.  P. Sacchi, “I manoscritti del Mar Morto”, cit., 391,  nota l'apporto di Qumran, e in particolare di 11Q Melchisedec all'interpretazione del “Figlio dell'Uomo” come figura superumana.

23Recentemente (1991) è apparso un volume di G. Stemberger, (tradotto anche in italiano: Farisei, sadducei, esseni, Brescia 1993) che può funzionare come antidoto contro un acquiescente ripresa di vecchi moduli interpretativi, ricalcati sulle interpretazioni di comodo delle antiche fonti storiografiche. Ma il suo dubbio metodico “può apparire talvolta un po' eccessivo”, come osserva  G. Jossa, recens. in RivBibl 43 (1995)546-548. Sull'uso della letteratura rabbinica per il periodo che ci interessa cfr. anche A.I. Baumgarten, “Rabbinic Literature as a Source for the History of  Jewish Sectarianism in the Second Temple Period”, in DSD 2 (1995), 14-57.

24La discussione sull'identificazione del “sacerdote empio” continua, cfr. A.S. Van der Woude, “Once Again: The Wicked Priests in the Habakkuk Pesher from Cave 1 of  Qumran”, in RQ n. 65-68, 17 (1996), 375-384.  Sui problemi posti dallo Jonathan di 4Q523 cfr. É. Puech, “Jonathan le prêtre impie et les débuts de la communauté de Qumrân. 4QJonathan (4Q523et 4QPsAp (4Q448), in RQ n. 65-68, 17 (1996), 241-270, che intende superare i problemi posti dall'identificazione con Alessandro Janneo proponendo quella con Gionata Maccabeo (come G. Vermes, JJS  44 (1993), 216). Su questo testo cfr. anche A.I. Baumgarten, DSD 2 (1995), 48, che mantiene l'identificazione con Alessandro Janneo.

25La scoperta di una tradizione halachica che sembra accomunare su molti punti Qumran (cfr. in particolare 4QMMT, 11QT) e Sadducei (cfr. L.H. Schiffman, “Pharisaic and Sadducean Halakhah” in DSD 1 (1994), 285-299)  non ha mancato di accendere un vivo dibattito, mettendo in luce anche la fragilità dell'ipotesi della comune derivazione di Esseni e Farisei da Hasidim.  Con A.I. Baumgarten, DSD 2 (1995), 27, può essere utile ricordare che nelle tarde fonti rabbiniche si  può probabilmente osservare la cosiddetta “prospettiva del marziano”,  che appiattisce o enfatizza differenze e somiglianze in modo del tutto differente da quanto non avrebbero fatto i protagonisti. D'altro lato “we need to posit a wide degree of overlap between the programs of groups which otherwise may have viewed each other as competitors”.  Cfr. anche H. Stegemann, “Qumran Essenes - Local Members of the Main Jewish Union in Late Second Temple Times”, in J. Trebolle Barrera, L. Vegas Montaner, edd., The Madrid Qumran Congress. Proceedings of the International Congress on the Dead Sea Scrolls, Madrid 18-21 March, 1991. (Studies on the Texts of the Desert of Juda XI, 1 &2) 2 Voll., Leiden - Madrid  1992, I, 83-166, 104-107.

26Cfr. P.R. Davies, “Qumran and Apocalyptic or Obscurum per Obscurius”, in JNES 49 (1990), 127-134.

27Pare ancora quella più seguita. Cfr. F. García Martínez, “Le origini del movimento esseno e della setta di Qumran”, in   F. García Martínez, J. Trebolle Barrera, Gli uomini di Qumran, Brescia 1996, 123-161. Si vedano anche alcune obiezioni alla cosiddetta “ipotesi di Groningen” - una variante dell'ipotesi palestinese - in H. Stegemann, “Qumran Essenes - Local Members of the Main jewish Union in Late Second Temple Times”, cit., 102-104. Stegemann a sua volta propone una “revised and augmented” ipotesi Essena, che sviluppa e modifica (ibid., 138 nota 117) le proposte da lui stesso avanzate in Die Entstehung der Qumrangemeinde, Bonn 1971.

28Proposta e difesa  principalmente da J. Murphy-O'Connor in numerosi studi -  se ne veda una sintesi in “The Essenes in Palestine, in BA 40 (1977) 100-124 -  ha tra i suoi  sostenitori. P.R. Davies, Behind the Essenes. History and Ideology in the Dead Sea Scrolls, Atlanta 1987.

29La sesta grotta in realtà potrebbe essere stata scoperta dai beduini prima della quarta o più o meno contemporaneamente, ma deve la sua numerazione al fatto di essere stata.trovata dagli archeologi solo dopo 5Q. Così De Vaux in DJD III, 26.

30Forse uno dei  più comuni: Isacco, Ismaele, Giosuè (così M. Baillet  inDJD III, 163).

31Cfr. De Vaux in DJD III,30; C.P. Thiede, Il più antico manoscritto dei vangeli?Il frammento di Marco di Qumran e gli inizi della tradizione manoscritta del Nuovo Testamento, (Subs.Bibl. 10), Roma 1987, 54.

32H. Stegemann, Gli Esseni, Qumran, Giovanni Battista e Gesù, 102-106,  113-115. Per una discussione di alcune tesi di Stegemann, in particolare della sua ipotesi della “Unione essena”,  rinvio alla mia recensione in stampa presso RivBibl). Per una presentazione decisamente differente (da me non condivisa) si può vedere N. Golb, Who wrote the  Dead Sea Scrolls? The Search for the secret of Qumran, New York 1995.

33H. Stegemann, Gli Esseni, Qumran, Giovanni Battista e Gesù, 119-120, 100-101.

34La ricostruzione delle varie fasi dell'occultamento dei rotoli proposta da  H. Stegemann, op. cit., 91-94, può spiegare molti aspetti altrimenti sconcertanti, tuttavia resta fortemente ipotetica.

35L. Moraldi, cur., I Manoscritti di Qumrân, Torino 21986 (= Milano 1994), 25. L'undicesima grotta è quella che insieme alla prima ci ha conservato alcuni tra i manoscritti meglio conservati come i Rotoli dei Salmi, 11QTempio (Rotolo del Tempio), 11QpaleoLev.

36Cfr. J. Trebolle Barrera, “La Biblia en Qumran: Textos biblicos y literatura parabíblica”, in A. Piñero, D. Fernández Galiano (eds.), Los Manuscritos del Mar Muerto. Balance de hallazgos y de cuarenta años de estudios, Córdoba - Madrid 1994, 79-122, 107-108.

37Come osserva D. Dimant, “Apocrypha and Pseudepigrapha at Qumran”, in DSD 1 (1994), 151-159, 153: “It is  worth noting that the newly published texts from cave 4 have not substantially altered our picture of the Qumran community itself”. Le scoperte della prima grotta avevano, proprio per le sue caratteristiche, fornito le coordinate fondamentali per un inquadramento della comunità e orientato nella giusta direzione le ricerche. Molti manoscritti rappresentano copie di testi già noti dalla prima grotta, aiutandoci spesso a colmare lacune, a ristabilire la corretta successione dei frammenti o rivelandoci varianti che testimoniano la continua attività redazionale.  “Some novel elements emerge from the recently published Songs of the Sabbath Sacrifice, the Sapiential texts, and the so called Miqsat Ma'ase ha-Torah (4QMMT). They add new dimensions and new details to the picture”, “what is changing radically, however, are the quantity and importance of texts not directly related to the community”.

38Cfr. E. Ulrich, “An Index of  the Passages in the Biblical Manuscripts from the Judean Desert”, in DSD 1 (1994), 113-129;  2 (1995), 86-107. 

39Cfr. S. Talmon, “Was the Book of Esther known at Qumran?”, in DSD 2 (1995), 249-267.

40S.A. White Crawford, “Has Esther been found at Qumran? 4QProto-Esther and the Esther Corpus”,in RQ n. 65-68, 17 (1996), 307-325.

41F. García Martínez, The Dead Sea Scrolls Translated. The Qumran Texts in English, Leiden 1994, XXIV.

42Anche nel caso dei Salmi continua la discussione sulla valutazione dei manoscritti che ci presentano non solo varianti testuali di singoli passi, ma anche un ordine differente da quello del Salterio canonico, e l'inserzione di nuove  composizione in esso non comprese. Cfr. P.W. Flint, “The Psalms from the Judean Desert: relationships and Textual Affiliations”, in  G.J. Brooke, ed., New Qumran Texts and Studies: Proceedings of the First Meeting of the International Organization for Qumran Studies, Paris 1992, Leiden 1994, 31-52.

43Cfr. F. García Martínez, “Les Manuscrits du Désert de Juda et le Deuteronome”, in F. García Martínez , A. Hihorst, J.T.A.G.M. van Ruiten, A.S. van der Woude, edd., Studies in Deuteronomy. In Honour of C.J. Labuschagne on the Occasion of his 65th Birthday, Leiden 1994, 63-82. Vale sempre l'avvertenza che la numerazione dei manoscritti può ancora subire qualche variazione, e in particolare che il carattere biblico o non biblico di alcuni  manoscritti (in particolare 4QDeutj , 4QDeutn, 4QDeutk1, 4QDeutk2,è tuttora (e forse resterà)  oggetto di discussione, F. García Martínez, “Les Manuscrits”, 79-80. Come rileva García Martínez (Ibid., 63) la valutazione dell'apporto dei manoscritti di Qumran allo studio di un testo biblico è tutt'altro che semplice. Si devono prendere uin considerazione: 1. i manoscritti biblici, 2. tefillim mezuzot, 3. citazioni esplicite (frequenti in CD), 4. manoscritti “di frontiera” (4Q158, 4Q364-367, 6Q20. Parafrasi o diverse forme del testo biblico?), 5. testi halachici, nei quali si intrecciano citazione e interpretazione (come in 4QMMT),  6.  Ampie “riscritture” come quelle del Rotolo del Tempio, la cui natura va a sua volta precisata. Per una valutazione complessiva poi del peso di un testo biblico vanno considerate le citazioni implicite, le allusioni, gli echeggiamenti. E quanto più ci si allontana dalla citazione diretta, tanto più la valutazione si fa complessa.

44Del Libro dei Giubilei non solo si hanno i frammenti di 14 o  15 copie, ma viene citato come un testo autorevole in CD e in 4Q228. Cfr. J. VanderKam, “Genesis 1 in Jubilees 2” in DSD 1 (1994), 300-321, 300.

45Cfr. D. Dimant, “Apocrypha and Pseudepigrapha at Qumran”, in DSD 1 (1994), 151-159.

46Si parte in genere dalla presenza di concetti e dall'uso di espressioni caratteristiche dei testi comunemente attribuiti al movimento qumranico (come 1QS, 1QH, 1QpAbac).  Cfr. D.J. Harrington, S.J., Wisdom Texts from Qumran, London - New York 1996, 75-76. E. Glickler Chazon, “Prayers from Qumran and their Historical  Implications”, in DSD 1 (1994), 265-284, 271-273. Ma in molti casi la valutazione della specificità “settaria” resta ampiamente soggettiva. Le decisioni sono complicate dall'indubbia presenza di una complessa attività redazionale.

47La correlazione tra i mss. e l'insediamento di Qumran pare confermata dalla  recente scoperta a Qumran di un ostracon contenente un'allusione alla jahad, termine tecnico usato nei testi per indicare la comunità. 

Un'ulteriore conferma può venire dalla presenza nel locus 45 (cfr. PAM 42.683) di uno strumento  di misurazione astronomica, probabilmente utilizzato per determinare i punti dei solstizi e degli equinozi e per la lettura delle ore stagionali. Tale reperto, scoperto nel 1954, non ha ricevuto  in passato l'attenzione che avrebbe meritato. Solo recentemente è stato studiato da M. Albani, U. Glessmer, “Un instrument de mesures astronomiques à Qumran”, in RB 104 (1997), 88-115, che pongono in rilievo l'evidente connessione con i “calendari” di Qumran (cfr. J. Maier, Die Qumran-Essener: Die Texte vom Toten Meer, III, München 1996, 52-160, ampia presentazione con utili tabelle. Per i testi cfr. R. Eisenman, M. Wise, Manoscritti Segreti di Qumran,Casale M. 1994, 106-134).

48Il lavoro sui singoli testi prosegue incessante. E talvolta anche un attento riesame dei dati già noti può gettare nuova luce su problemi, per i quali si era affermato un certo consenso. Recentemente è stato ripreso in esame il problema della datazione della Regola della Guerra, a partire dalla descrizione delle armi e delle tecniche militari. R.Gmirkin, “The War Scroll and Roman Weaponry Reconsidered” in DSD 3 (1966), 93-129 intende dimostrare che 1QM e 4QM  “reflects military practices of the second century BCE, not the first century BCE as communly assumed based on Yadin's incomplete analysis”.

49Cfr. A. Lange, “Wisdom and Predestination in the Dead Sea Scrolls”, in DSD 2 (1995), 340-354; Sh.L. Mattila, “Two Contrasting Eschatologies at Qumran (4Q246 vs 1QM)”, in Biblica 75 (1994), 518-538 (con un'eccessiva schematizzazione delle tensioni e un'insufficiente attenzione alla rielaborazione di materiali eterogenei).

50Cfr. il contributo di John Strugnell, “On the History of the Photographing of the Discoveries in the Judean Desert for the International Group of Editors” (curiosamente nell'indice invece di Group si legge Team), “In Summary, then in consulting these photos one should remember that they reflect three broad types of grouping of fragments: (1) those showing the progress in reconstructing individual manuscript, (2) the gatherings of the unidentified fragments, and (3) an intermediate group of fragments being identified or collected by individual scholars together with other miscellanea under study by them” (126).

51Accanto a queste liste si deve ricordare quella di S.A. Reed, The Dea Sea Scrolls Catalogue. Documents, Photographs and Museum Inventory Numbers compiled by S.A. Reed, revised and edited by M.J. Lundberg with the collaboration of M.B. Phelps, Atlanta 1994  (una precedente versione di questa lista accompagna la Microfiche Edition).

52Cfr. E. Jucci, “I manoscritti ebraici di Qumran: a che punto siamo?”, in Istituto Lombardo (Rend. Lett.) 129 (1995), 243-273.

53Ben Zion Wacholder, Martin G. Abegg, A Preliminary Edition of  the Unpublished Dead Sea Scrolls, Washington I 1991, II 1992, III 1995.

54R.H. Eisenmann, J.M. Robinson, eds., Facsimile Edition of the Dead Sea Scrolls, Washington  DC 1991.

55R. Eisenman  and  M. Wise, The Dead Sea Scrolls Uncovered. The First Complete Translation and Interpretation of 50 Key Documents Withheld for Over 35 Years, Shaftesbury, Rockport, Brisbane 1992 [= Manoscritti Segreti di Qumran. Tradotti e interpretati i Rotoli del Mar Morto finora tenuti segreti. I 50 documenti chiave che fanno discutere l'esegesi biblica mondiale, Ediz. ital. a cura di E. Jucci, Casale M. 1994]. Successivamente è uscito M. Weise, M. Abegg jr, E.M. Cook, Dead Sea Scrolls. A New Translation, London 1996.

56Cfr. E. Jucci, “Presentazione”, in R. Eisenman, M. Wise, Manoscritti Segreti, VII-XIV.

57F. García Martínez, Textos de Qumrán, Madrid 1992. Opera ampliata, corretta e aggiornata nell'edizione inglese The Dead Sea Scrolls Translated. The Qumran Texts in English, Leiden 1994. Ultimamente ne è uscita una versione italiana: Testi di Qumran, ed. it. a cura di C. Martone, Brescia 1996 (da me recensito per RivBibl, in stampa. Al momento è la più ampia raccolta di testi tradotti in italiano. Ma per un approfondimento restano indispensabili gli ampi ed equilibrati commenti di L. Moraldi nel già citato vol. L. Moraldi, cur., I Manoscritti di Qumrân, Torino 21986). Pare doveroso ricordare anche l'importante contributo, relativamente ai testi aramaici,  di K. Beyer, Die aramäischen Texte vom Toten Meer samt den Inschriften aus Palästina, dem Testament Levis aus Kairoer Genisa, der Fastenrolle und den alten talmudischen Zitaten, Aramäische Einleitung, Text Ubersetzung, Deutung, Grammatik /Wörterbuch, Deutsch-aramäische Wortliste, Register. Ergänzungsband, Göttingen 1994 e la traduzione tedesca in tre volumi di J. Maier, Die Qumran-Essener. Die Texte vom Toten Meer, UTB 1862, 1863, 1916, München - Basel 1995-1996 (al momento la traduzione più completa). The Princeton Theological Seminary Dead Sea Scrolls Project, Ed. J.H. Charlesworth, Tübingen - Louisville, infine, una volta completo con la sua Graphic Concordance, 1991; Lexical Concordance to Dead Sea Scrolls; e The Dead Sea Scrolls. Hebrew, Aramaic, and Greek Texts with English Translation, dieci volumi dei quali due già pubblicati: Rule of the Community and Related Documents, 1994; Damascus Document, War Scroll, and Related Documents, 1995, diverrà certamente un fondamentale punto di riferimento.

58Si deve rilevare come negli ultimi anni anche in Italia l'interesse per Qumran si sia risvegliato.  Usciranno  prossimamente in Ricerche Storico Bibliche  gli Atti di un convegno  su Qumran e Nuovo Testamento tenuto  all'Aquila nel 1995. Sono stati pubblicati anche alcuni volumi (oltre a quelli già  citati) che certamente consentiranno a un più ampio pubblico di accostarsi ai testi e ai problemi che essi ci pongono: O. Betz, R. Riesner, Gesù, Qumran e il Vaticano, Città del Vaticano 1995; M. Canciano, Ultima cena degli Esseni, Roma 1995; F. Dalla Vecchia, cur., Ridatare i Vangeli?, GdT 247, Brescia 1997 (su 7Q5); J.H. Charlesworth, Gesù e la comunità di Qumran, Casal M. 1997;J. Daniélou, I manoscritti del Mar Morto e le origini del cristianesimo, Roma 1990 (= Paris 1957); J. Duhaime, Gli Esseni di Qumran, Milano 1997 (con una breve panoramica di letture esoteriche della categoria “esseni”); J.A. Fitzmyer, Qumran. Le domande e le risposte essenziali sui Manoscritti del Mar Morto, GdT 230,  Brescia  1994; D. Flusser, Il Giudaismo e le origini del Cristianesimo, Genova 1995; F. García Martínez, J. Trebolle Barrera, Gli uomini di Qumran, Brescia 1996 (da me recensito per Riv Bibl, in stampa); C. Martone, La 'Regola della Comunità'. Edizione critica, “Quaderni di Henoch” 8, Torino 1995; J.A. Soggin, I manoscritti del Mar Morto. Nuova ed. corr. e aggiornata, Roma 1994; A. Strus, cur., Tra giudaismo e cristianesimo - Qumran - Giudeocristiani, Roma 1995;  C. Thiede, Qumran e i Vangeli. I Manoscritti della grotta 7 e la nascita del Nuovo Testamento, Milano 1996;  J.C. VanderKam, Manoscritti del Mar Morto, Roma 1995; A. Vivian, cur., Rotolo del Tempio, Brescia 1990 (Cfr. E. Jucci, “Qumran e dintorni. Breve rassegna di studi qumranici”, in RivBibl 40 (1992), 467-477, 471-475); K. Berger, I Salmi di Qumran, Casale M. 1995;  S. Alberto, cur., Vangelo e storicità. Un dibattito, Milano (ma cfr. E. Jucci,  “I manoscritti ebraici di Qumran”, nota 37). Per una lista di volumi  meno recenti  cfr. E. Jucci, recens.  a E.M. Laperrousaz, Gli Esseni secondo la loro testimonianza diretta, Brescia 1988,  in Henoch XIII 1, 1991, 112-114.

59Mi pare significativa la frase di G.E. Nickelsburg (“The Search for Tobit's Mixed Ancestry. A Historical and Hermeneutical Odyssey” in RQ n. 65-68, 17 (1996), 339-349, 349)  “we know a great deal more than we did before 1947, although  we know less than we thought we knew before the discovery of the scrolls”.
 
 
 

    Qumranica: - Pagine a cura di Elio Jucci ( Università di Pavia, Italia ).

    Bibliografia1Bibliografia 2 , ll Sito Archeologico, le Grotte, I Manoscritti    Dead SeaScrolls - links

 
    Articoli sul sito :
    I manoscritti ebraici di Qumran: a che punto siamo?   Qumran e dintorni. Breve rassegna di studi qumranici.
    "Un Eden glorioso nel deserto"
    "Nuovi Manoscritti del Mar Morto? Annotazioni sul cosiddetto Rotolo dell'Angelo, ovvero Il Libro delle Visioni di Yeshua ben Padiah"
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     Ultimo Aggiornamento: 05/19/2002 02:24:04